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Così è la vita

Il libro di Concita De Gregorio “Così è la vita. Imparare a dirsi addio” è un libro che nutre, che arricchisce, un libro che aiuta a guardare la vita in modo più autentico.

Me ne ha parlato una paziente, Marta, in un momento importante del suo percorso di counseling, centrato sull’elaborazione e accettazione della malattia di cui è affetta: la Sclerosi Multipla.

Quando, nel rapporto di cura, lo psicologo si dispone in modo aperto e sincero all’ascolto delle emozioni dei propri pazienti, supporta una crescita che diventa esperienza e crescita per il terapeuta stesso. Immergendosi nel mondo interno del paziente il terapeuta mette in gioco se stesso e la propria interiorità dando vita ad un processo dinamico maturativo.

Ho incontrato per la prima volta Marta dopo pochi mesi dalla comunicazione della diagnosi, incapace di accettare la malattia, shockata e sopraffatta dal dolore. Riferiva che non riusciva più a godere del tempo libero e a coltivare i suoi interessi, diceva di sentirsi una persona “priva di garanzie”.Mi raccontava che in quel periodo continuava a leggere le esperienze di persone affette dalla stessa malattia che descrivevano il loro percorso di accettazione, sottolineando come infine avessero riconosciuto gli aspetti positivi e arricchenti di quella dolorosa esperienza. Ma lei non ci trovava nulla di positivo e la considerava solo una “grande sfortuna”. Quando un paziente ti parla in questi termini ti fa toccare con mano il limite, l’esperienza della perdita, del lutto. Ti fa vivere emozioni dolorose, perché non ci sono soluzioni da offrire, ma solo (solo?) la possibilità di stare vicino.

Per poter empatizzare meglio con le emozioni di Marta, capire che cosa stava vivendo, attinsi alle mie esperienze personali con la limitatezza. Pensai al mio percorso di analisi personale e a come la speranza di superare i miei limiti, le mie inadeguatezze avesse a poco a poco fatto strada alla capacità di accettare e accogliere le mie fragilità, come una parte importante di me. Proprio la mia limitatezza, in quel momento, mi stava aiutando ad entrare in risonanza con una persona.

Dissi a Marta che la capivo e condividevo l’idea che le fosse capitata una grande sfortuna: la diagnosi di sclerosi multipla, trattandosi di una malattia cronica, si accompagna a vissuti di perdita paragonabili e un vero e proprio lutto. Provai però a ipotizzare con lei che anche quell’esperienza, per quanto terribile,  potesse essere considerata arricchente, perché passare attraverso un’esperienza dolorosa e superarla è fonte di crescita e di maturazione personale.

Restammo su questi temi e su queste emozioni per qualche seduta e Marta sembrava sollevata dalla possibilità di poter esprimere sinceramente ciò che stava provando con un ascoltatore attento e partecipe. Poi, negli incontri successivi, la paziente cominciò a parlare di altro e a portare emozioni nuove. Mi spiegò che l’immagine con cui visualizzava la malattia era cambiata: se prima si sentiva come un puntino all’interno di un cerchio che la inglobava, adesso la malattia le sembrava come una sorta di bagaglio da portare, scomodo ma non totalizzante. Mi riferì che, da quando c’era la malattia, riusciva a gestire meglio il rapporto con le persone, era diventata più disponibile, più empatica. Cominciò a parlare di un viaggio che stava progettando per le vacanze di Natale, riferì di aver ripreso a fare sport. Mi disse infine di aver letto il libro di Concita De Gregorio, ma “adesso basta voglio leggere altro: fumetti, cose allegre”.

Il libro di Concita De Gregorio è arrivato a questo punto del nostro dialogo e ci ha portato un po’ più su, fino a toccare il senso più autentico della nostra esistenza. Si tratta di un libro che parla del dolore, del lutto, della fragilità umana in modo leggero, allegro, gioioso. Ma cosa c’è di gioioso nel dolore? Viviamo in una società dominata dalla cultura della forza, del successo, della salute, dell’immortalità. Una società in cui la morte, la vecchiaia, la malattia sono esperienze che si preferisce dimenticare; in cui non c’è spazio per un’educazione emotiva all’insuccesso e alla sofferenza. In questo contesto culturale, caratterizzato dal superamento di ogni limite, quando il limite si presentifica nelle nostre vite ci coglie del tutto impreparati e diventa difficile da vivere e da accettare. Eppure il dolore, la morte, la malattia, i limiti, non sono eccezionali scherzi del destino ma una parte importante e fondante della nostra esistenza che ci accomuna tutti in quanto esseri umani fragili e mortali. Dunque, proprio da questa intima accettazione di un destino condiviso può nascere un sentimento di gioia e una grande forza: “così è la vita” ed è così per tutti. Il dolore se è vissuto in solitudine rischia di trasformarsi in disperazione e rabbia, ma quando si ha il coraggio di vivere fino in fondo questa esperienza e condividerla può trasformarsi in sollievo, senso di pienezza e allegria.

Insieme a Marta ho condiviso il dolore e la gioia dell’elaborazione della malattia e ho imparato ancora una volta come si possa attraversare il dolore e trasformarlo in forza, perché ogni fine è un nuovo inizio e ogni morte genera una rinascita.