Da anni collaboro con AISM e gestisco uno sportello di counseling dove incontro persone affette da Sclerosi Multipla (malattia demielinizzante cronica del Sistema Nervoso Centrale) che si rivolgono a me per affrontare le problematiche che conseguono alla diagnosi o al decorso della malattia. In tanti anni non ho mai incontrato una persona che fosse uguale a un'altra nel modo di vivere la malattia. Non posso quindi fare a meno di premettere che ogni discorso sul percorso di accettazione di una malattia è necessariamente una semplificazione: ogni persona è unica.
Detto ciò, per capire che cosa significa fare i conti con una malattia cronica è importante tenere presente che ogni essere umano, nella sua vita, redige un piano futuro costituito da progetti, sogni, aspirazioni. Una diagnosi di malattia cronica rappresenta un evento inatteso e indesiderato che interrompe e muta tale piano così faticosamente costruito. Si tratta di un'esperienza di perdita paragonabile a un lutto che impone al soggetto una ristrutturazione completa della sua vita e costringe a rielaborare le proprie aspettative verso il futuro. Con la malattia l’individuo è costretto a rimettere in discussione l’immagine del sé: la nuova immagine è malata e comporta quindi una svalutazione della propria identità. Quando poi la malattia ha un andamento progressivo e incerto, la variabilità e imprevedibilità del decorso causa un concatenarsi di reazioni psicologiche e successivi riadattamenti.
Le reazioni psicologiche alla malattia variano da persona a persona, ma su questa variabilità incidono in modo particolare 3 fattori principali:
- Specificità della malattia. Di che malattia si tratta, come si evolve nel tempo, qual'è il livello di gravità, quali sono i sintomi e come incidono e limitano la vita quotidiana sono variabili molto significative rispetto all'impatto psicologico che la patologia avrà sulla persona che ne è colpita
- Caratteristiche della persona e personalità precedente. Il modo di vivere la malattia differisce a seconda del sesso della persona, della sua età: in adolescenza la diagnosi interrompe la possibilità di una realizzazione psico-fisica sognata; nel giovane c’è un crollo della propria imago come uomo-donna, una difficoltà nella autorealizzazione sociale; nell’adulto coniugato il crollo della propria imago riguarda sia il campo sociale, sia quello familiare ed è più marcato se la persona colpita ha un ruolo cruciale all’interno della famiglia. Anche la personalità del soggetto inciderà fortemente sul modo di interpretare e dare significato all'evento malattia e di farvi fronte. Alcune caratteristiche di personalità favoriscono il processo di elaborazione, altre costituiscono un ostacolo: per fare un esempio, l'incerta evoluzione della malattia sarà più difficile da vivere per persone con uno stile tendente al controllo.
- Contesto sociale di appartenenza. Il tipo di attività lavorativa e la possibilità di mantenerla, la presenza di familiari e amici, la risposta del contesto sociale e familiare d'appartenenza sono altrettanti fattori significativi. Rispetto alla famiglia per esempio la possibilità di sentirsi supportati o al contrario risposte di rifiuto o iperprotezione incidono in modo significativo sul modo di vivere e sulla possibilità di accettare i cambiamenti che la malattia comporta.
Nonostante la variabilità individuale, si può comunque evidenziare un quadro delle possibili fasi che la persona attraversa nel percorso di elaborazione e accettazione della malattia:
- iniziale fase di shock: la persona è confusa, stordita, disorientata, ha la senzazione di essere “travolta dalla notizia”, fa fatica a capire che cosa sta accadendo
- attivazione di meccanismi di difesa: accettare la malattia richiede tempo e i meccanismi di difesa sono utili perché costituiscono una sorta di cuscinetto che attutisce il dolore. I principali meccanismi di difesa sono la negazione (la persona si comporta come se la malattia non esistesse) e lo spostamento (la preoccupazione per la malattia viene trasferita su un problema di minore interesse).
- quando non è più possibile negare la malattia la persona reagisce emotivamente con rabbia (l'ostilità è spesso rivolta verso chi è più vicino, verso chi si ama) oppure scaturisce uno stato di annichilimento, di depressione come manifestazione del crollo del sé ideale (lutto per la perdita del sé ideale).
- l’uscita positiva o negativa da tale situazione, determinata dalle variabili su citate, comporta alcune reazioni di sopravvivenza in cui il malato si pone, nei confronti della malattia in posizione di accettazione o di non accettazione, in un circolo di vita o di non vita.
A) evoluzione nella passività: la depressione lascia posto all’angoscia, alla sensazione di perdita di sé. Tale reazione può determinare la ricomparsa di una reazione depressiva o una rabbia critica passiva o dipendenza passiva dai familiari. Si tratta di reazioni che innescano un circolo che tiene bloccati in un circuito di NON VITA. C’è un rifiuto di sé stessi, dei propri valori, delle proprie capacità. La rabbia critica passiva è caratterizzata dal tentativo di incolpare gli altri e criticarli per tutto. La possibilità di uscire da questo circolo vizioso si può avere passando dalla rabbia critica passiva alla rabbia di autoaffermazione, in cui il malato si riappropria del proprio diritto all’esistenza.
B) evoluzione nell’attività: c’è ansia e quindi proiezione in un futuro prossimo. La rabbia di autoaffermazione o l’attenzione al presente confluiscono nell’accettazione dello stato di malattia e delle trasformazioni avvenute. È un circolo di VITA, la creazione di un nuovo progetto di vita. Ciò implica la creazione di un nuovo sé ideale psico-fisico, cioè l’elaborazione del lutto e un nuovo esame di realtà.
Quando è utile rivolgersi a uno psicologo?
L'intervento dello psicologo può rendersi necessario in tutti quei casi in cui il fisiologico processo di elaborazione e accettazione dell'evento malattia incontra degli ostacoli e delle difficoltà. Nella mia esperienza con persone affette da Sclerosi Multipla, i momenti più critici in genere sono il momento della diagnosi e le eventuali ricadute della malattia.
In questi momenti critici lo psicologo possiede gli strumenti per accogliere il negativo, per stare accanto alle emozioni dolorose che la persona vive e che spesso non può condividere con nessuno restituendole un senso di responsabilità personale e un'immagine positiva, come persona che può ancora spendersi al di là della malattia.
L'obiettivo della cura sarà quello di evitare che la persona si adegui involutivamente alla malattia restando bloccata in un circuito di non vita, in sentimenti di frustrazione, di perdita e di diversità e di sostenerla in un circuito vitale, ossia nel processo di ricostruzione di una nuova immagine di sé che integri le risorse non danneggiate e le nuove capacità e consapevolezze raggiunte allo scopo di recuperare il desiderio e l'aspettativa di una vita piena e appagante.
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