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Attaccamento evitante: vivere dentro un carapace

La persona “evitante” sembra vivere dentro un carapace che la protegge dal contatto con gli altri. Presenta una distanza emozionale e affettiva che la rende ermetica a ogni forma di intimità, di prossimità e quindi di vera relazione. Si è costruita in modo tale da non dover mai chiedere niente a nessuno e soprattutto non chiede niente sul piano affettivo. Ogni relazione affettiva è evitata con cura o disinvestita.

Da dove origina il comportamento evitante?

Nessuno si forgia un carapace per il puro piacere di farlo o impone una distanza affettiva da chi gli è vicino per scelta. Si tratta di una strategia di adattamento, una strategia psichica inconscia per non rischiare più di soffrire.

Le persone evitanti sono persone che hanno conosciuto una tale sofferenza emotiva (o fisica a seconda delle storie di ciascuno) che le porta a non volersi più esporre: ne va della loro sopravvivenza psichica.

La strategia evitante si sviluppa spesso in un contesto familiare in cui i bisogni affettivi del bambino sono stati disattesi.

Poiché la natura umana è complessa è difficile catalogare con precisione i diversi contesti familiari, tuttavia possiamo individuare tre grandi tipologie:

. Una famiglia in cui i genitori sono presenti fisicamente ma totalmente assenti affettivamente. Nessuna carezza, nessuna parola affettuosa, nessuno sguardo tenero o gesti di interesse.

Il bambino che ha subito la distanza affettiva da parte dei suoi genitori riproduce lo stesso comportamento da adulto e si mette così nella condizione di non dover più soffrire per la mancanza dell’altro.

. All’opposto, una famiglia in cui i genitori sono troppo presenti nella vita del bambino. Il bambino viene iper-protetto, sorvegliato, gli viene impedito di andare a una festa o di svolgere un’attività sportiva per paura che si faccia male.

Privato di un indispensabile giardino segreto, reso insicuro e soffocato dal suo ambiente familiare, il bambino ritrova un’apparenza di sicurezza e di libertà sviluppando una distanza emotiva.

. Ci sono infine le famiglie iper-esigenti, in cui uno dei genitori (o tutti e due) frustrati nel loro personale percorso di vita riversano le loro aspettative e i loro sogni (di riscatto) sulle spalle del bambino. I bisogni e i sogni del bambino sono quindi completamente negati o messi in secondo piano.

Annullato nella sua originalità il bambino, ferito per non essere amato per quello che è ma per ciò che rappresenta, si ripiega su sé stesso ed erige una barriera difensiva.

Possibili manifestazioni dell’attaccamento evitante

Uno stile di attaccamento si manifesta attraverso una serie di caratteristiche che possono essere più o meno marcate a seconda della persona.

  • Evitamento della vicinanza e dell’intimità
  • Ambivalenza
  • Non ama dipendere dagli altri
  • Mancanza di emozioni o minimizzazione dell’esperienza emotiva
  • Difficoltà ad aprirsi a parlare della propria sfera intima
  • Falso sé
  • Illusione di autosufficienza

Queste caratteristiche dello stile evitante vanno a costruire quel guscio difensivo che consente di mantenere una distanza dagli altri e ciò è ancora più evidente nell’ambito delle relazioni amorose da cui l’adulto evitante si difende attuando, inconsapevolmente, differenti strategie:

  • Annulla gli appuntamenti
  • Dice di non essere pronto per impegnarsi nella relazione
  • Idealizza una relazione passata
  • Ha molti partners contemporaneamente
  • Sceglie un compagno non disponibile (ad esempio una persona sposata)
  • Preferisce le relazioni a distanza
  • Si concentra sui difetti del suo partner
  • Non parla mai di sentimenti e di emozioni

Come ogni persona, anche l’adulto evitante ha un profondo bisogno di amore e di contatto ma, nella sua rappresentazione del mondo, troppa vicinanza comporta ineluttabilmente il rischio di essere rifiutati e abbandonati. Le strategie di distanziamento permettono quindi di mantenere un legame “nei paraggi” senza che ciò possa essere sentito come una minaccia. Nel mantenimento della distanza la persona evitante ricava un senso di sicurezza, anche se questa falsa sicurezza è pagata caramente: il prezzo da pagare è un’insoddisfazione sul piano sentimentale e una grande solitudine.

Come può una persona evitante rimettersi in contatto con sé stessa

Rimettersi in contatto con sé stessi è innanzitutto rimettersi in contatto con la propria storia personale. Si tratta quindi di fare un bilancio, capire perché si è a quel punto della propria vita, come ci si è arrivati.

Oltre a questo lavoro di presa di coscienza rimettersi in contatto significa mettersi in ascolto di ciò che si agita in sé e che viene risvegliato dall’ambiente circostante. Ascoltare e dare un senso ai sintomi, ai segnali che ci arrivano dal corpo, ai bisogni e alle emozioni soffocati sotto un falso sé, sotto la maschera del “non ho bisogno di nessuno”.

Per fare questo è indispensabile restaurare il rapporto che si ha con sé stessi, recuperare l’autostima danneggiata e l’amore per la propria autenticità.

Come può una persona evitante rimettersi in contatto con gli altri

Entrare in contatto con le proprie emozioni rende possibile anche considerare le emozioni delle persone che ci circondano, sviluppando una certa sensibilità nei confronti del mondo.

Rimettersi in contatto con l’altro significa potersi fidare e affidare e mettere fine alla convinzione di non potere contare che su sé stessi per timore di disturbare o per paura di un rifiuto.

Bisogna innanzitutto prendere coscienza del fatto che una relazione di scambio è possibile. Che l’altra persona può rappresentare un sostegno e un amico. Per questo la persona evitante deve in primo luogo imparare a chiedere e ricevere aiuto. Dovrà poi imparare poco per volta a vivere le relazioni intime e a fare affidamento sulle relazioni, accettando le possibili delusioni e frustrazioni senza per questo fuggire.

Il valore dell’avventura umana

La persona evitante che osa uscire dal suo carapace vive un’avventura difficile ma entusiasmante. Inizialmente è come camminare in una stanza buia, ci si sente smarriti. Poi appaiono delle mani tese e dei punti di riferimento. Arriva infine il sentimento di gioia che può conoscere solo chi ritrova il proprio focolare dopo avere tanto errato.

 

Fonte: Persiaux G. (2022), Coupé desautres, coupé de soi, Ed. Eyrolles