Sede
Via E. Pellini 4, Milano
Chiama
+39 347 975 8030
Orari
Lun - Ven: 9:00 - 20:00

Fobie

“Stavo aspettando di dare l’esame e mi sono agitata sempre di più, ho sentito un peso al petto e i battiti cardiaci accelerati, mi è venuto da piangere e non sono riuscita a trattenere le lacrime. Ho pensato che non mi potevo presentare all’esame in quello stato e mi sono ritirata”.

“Mi trovavo in centro con il ragazzo e faceva freddo, mi è scattata l’idea di prendere freddo, di prendere un virus intestinale e ammalarmi. Mi sono agitata, ho iniziato a tremare e mi è venuto un conato di vomito”.

“Stavo facendo la spesa al supermercato con mio padre quando ho incontrato i genitori del mio compagno di banco che mi hanno riconosciuto e salutato. Non so cosa mi è preso: mi sono sentito rigido, ho cominciato a sudare e sono diventato tutto rosso. E’ stato terribile, mi sarei voluto sotterrare”.

Nel lavoro di psicoterapia ci troviamo spesso di fronte a persone che devono risolvere innanzitutto la paura di avere dentro di sé qualcosa di sconosciuto a cui non si sa dare un nome: qualcosa di percepito come inquietante e oscuramente orribile. Sono persone terrorizzate perché hanno fatto esperienza di come le emozioni possano pervadere il loro corpo inducendo complesse alterazioni fisiologiche.

Queste alterazioni fisiologiche, questi stati di ansia e di panico  fobici sono in realtà dei preziosi campanelli d’allarme, dei segnali di dolore della psiche: cioè il segnale che avverte che stanno per aver luogo delle esperienze vissute intimamente come negative per la propria integrità psicofisica o per la propria identità psicosociale.

Le fobie possono avere un carattere spaziale: si temono gli spazi aperti (agorafobia) o gli spazi chiusi (claustrofobia). Ma esistono molti tipi di fobia: paura di ammalarsi (ipocondria), di impazzire, di morire, di arrossire (fobia sociale), di parlare in pubblico, di prendere un aereo. E potremmo continuare l’elenco fino a includere anche paure apparentemente bizzarre come la paura  di un certo tipo di stoffa, la paura della pelle dei bambini, degli sguardi altrui o dei buchi; praticamente una collezione infinita di fobie.

Ma la varietà dei sintomi non deve ingannarci. In , se si fa un’analisi accurata, tutti i sintomi sono riconducibili e due paure maggiori: la paura di stare da soli o di sentirsi soli, cioè di essere esclusi dal beneficio del rapporto con gli altri e la paura di essere (o di sentirsi intrappolati), cioè inclusi, costretti irreversibilmente dentro una situazione negativa.

Si ha paura di stare da soli perché la solitudine mette in luce l’insicurezza rispetto a una raggiunta autonomia e capacità di differenziarsi e si teme di essere per questo condannati alla solitudine più atroce: l’esclusione dai benefici sociali.

Si ha paura di essere inclusi e quindi intrappolati perché in questa situazione si teme di rivelare agli altri una mancanza di autocontrollo e di “normalità”: cioè una “indegnità” a stare nei rapporti e il conseguente rifiuto e allontanamento.

La paura di fondo è quindi in entrambi i casi quella di essere esclusi, abbandonati dalle relazioni significative.

Le situazioni fobiche si differenziano dalla semplice paura perché la persona, a rigore di termini, non si trova propriamente di fronte a nulla che possa giustificare il terrore che prova.

L’unica spiegazione possibile del fenomeno fobico è che il terrore provato sia un terrore simbolico, cioè che l’oggetto della paura simboleggi, rappresenti, una situazione di ben altra rilevanza. Si ha paura di una certa cosa, eppure il vero oggetto della paura è un’altra cosa che è il referente della prima. Ciò accade sia per nascondere il vero oggetto della paura, sia perché l’oggetto della fobia è in realtà un simbolo che ha la funzione di rappresentare, per analogia, una molteplicità di enti riferibili all’oggetto di cui si ha veramente paura.

Per esempio nella fobia dei luoghi chiusi, il luogo chiuso può rappresentare simbolicamente delle situazioni relazionali senza via di uscita, relazioni sentimentali avvolgenti e dolorose. O ancora si ha la fobia della pelle dei bambini e l’oggetto fobico rappresenta la propria o altrui sensibilità di cui ci si vergogna o si ha paura o si odia.

Come afferma Ghezzani, la situazione fobica richiama sempre un vissuto di trasgressione rispetto al proprio super-io. La situazione soggiacente ad ogni esperienza fobica è quindi la paura di essere puniti dall’Altro interiorizzato (genitore, famiglia, gruppo d appartenenza ecc.) per aver agito contro di esso. Il terrore deriva dunque dall’idea che il proprio pensiero, desiderio o comportamento possa attivare la reazione punitiva e quindi l’espulsione, l’abbandono dell’Altro interiorizzato. Chi vive un panico fobico in sostanza ha quindi paura di se stesso.

 

Per approfondire: Nicola Ghezzani, Uscire dal panico, Ed. Franco Angeli 2003.