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Gettare la maschera: diventare più autentici per ritrovare il benessere

Mi sono vergognato di me stesso, quando ho capito che la vita è una festa in maschera ed io ho partecipato con la mia vera faccia.

Franz Kafka

Siamo sinceri, nella nostra vita, tutti recitiamo delle parti, giochiamo dei ruoli, ci mascheriamo, utilizziamo i comportamenti che ci sembrano, di volta in volta, più accettabili. Che si tratti della vita professionale, delle relazioni personali o della sfera sociale, tendiamo a costruire delle immagini di noi stessi per adattarci agli altri, reprimendo chi siamo realmente.Questo processo,sebbene inizialmente possa sembrare un meccanismo protettivo e strategico, può col tempo favorire un profondo senso di alienazione e disagio. Ma cosa succede quando decidiamo di “gettare la maschera” e abbracciare la nostra autenticità? In che modo questo percorso ci può aiutare a ritrovare il benessere?

La maschera come protezione e gabbia

Le maschere che indossiamo non sono di per sé negative, rappresentano, in un certo senso, l’adattamento che ciascuno di noi mette in atto per soddisfare le aspettative altrui, ottenere approvazione e proteggere parti più vulnerabili del sé. Questo è un processo naturale, una forma di difesa che ci permette di gestire l’incertezza e il giudizio nel contesto sociale.Tuttavia, quando queste maschere diventano rigide e permanenti, rischiamo di perdere il contatto con la nostra autenticità a discapito del nostro benessere psicologico. Questo accade perché ogni maschera, per quanto possa essere utile, nasconde una parte di noi, celando desideri, emozioni e bisogni reali.

Se spendiamo le nostre energie per cercare di essere come gli altri vogliono che siamo, ci accadranno quattro cose molto prevedibili:

  • diventeremo schiavi di ruoli che ci impediscono di essere noi stessi, vivendo una vita che ci appare distante e poco gratificante (la persona forte, la brava persona, il perfezionista, il simpatico ecc.).
  • diventeremo più allergici a ogni minimo disagio nei rapporti con gli altri.
  • abbandoneremo le nostre opinioni nell’istante stesso in cui qualcuno le disapprova.
  • saremo frustrati e insoddisfatti perché così concentrati su ciò che gli altri vogliono da non poterci mostrare per ciò che siamo e da non poter riconoscere i nostri autentici bisogni.

Più “sé” prendiamo in prestito dagli altri più il nostro buon funzionamento dipenderà da quanto riusciremo a mantenere gli altri calmi e soddisfatti. È così che la vita diventa una corsa sulle montagne russe. Siamo in alto quando qualcuno ci dà una pacca sulla spalla. Ma nei giorni in cui non riceviamo alcun riconoscimento rischiamo di sprofondare nella disperazione e nell’autocritica.

Questa è la ricetta perfetta per un crollo nervoso. Più ci abituiamo a indossare una maschera, più rischiamo di dimenticare chi siamo veramente, finendo per sentirci confusi, disorientati e insoddisfatti.

Gettare la maschera: il coraggio di essere vulnerabili

Liberarsi dalla maschera richiede coraggio. Significa accettare il rischio di essere vulnerabili, di essere visti per ciò che siamo, con le nostre imperfezioni e fragilità. Questo processo non è semplice, ma è proprio in questo spazio di debolezza che si trova la forza autentica.

A poco a poco, si può recuperare l’energia che impieghiamo per accontentare gli altri, per evitare i conflitti, per essere accettati e reindirizzarla verso la costruzione di una vita più autentica e ricca di relazioni più soddisfacenti.

Si può scendere dalla propria ruota da criceti. Si può imparare a scontentare gli altri. Si può dire alla propria famiglia: “Questo è ciò che sono”; “Questo è ciò in cui credo”.

La storia di Giulio

Una storia che illustra bene questo processo di recupero della propria autenticità è la storia di Giulio.

Giulio è un uomo di mezza età che ha vissuto per anni intrappolato nella dipendenza dal gioco, nascondendo il suo disagio dietro la maschera di una falsa sicurezza. Appariva forte e indipendente, ma in realtà usava il gioco come evasione da emozioni dolorose e dal senso di fallimento.

Il momento di svolta per Giulio è arrivato quando ha toccato il fondo, dopo l’ennesima sconfitta al gioco, e ha trovato il coraggio di chiedere aiuto, ammettendo di avere un problema.

Attraverso il lavoro terapeutico Giulio ha imparato a riconoscere e accettare le proprie fragilità. Questo cammino verso l’autenticità lo ha aiutato a superare la dipendenza, a ristabilire relazioni più sincere con la sua famiglia e, soprattutto, a ritrovare un senso di serenità. La storia di Giulioè un esempio significativo di comericonoscere le proprie debolezze e mostrarsi più autentici sia il primo passo per ritrovare il benessere psicologico.

Come iniziare il percorso verso l’autenticità

Diventare più autentici significa riconoscere i propri limiti e le proprie emozioni senza cercare di reprimerli o modificarli. Questo processo non è semplice ma è profondamente liberatorio. Ma come possiamo iniziare questo cammino verso l’autenticità?

Riconoscere le proprie maschere. È nel distacco dai ruoli e dai comportamenti stereotipati che germoglia l’autenticità. Occorre saper andare oltre un atteggiamento di tipo strategico che ci spinge ad adottare un “modello vincente” e muoversi verso un approccio fondato sull’esserci davvero, sull’esserci autenticamente. Occorre non badare troppo a ciò che è funzionale al raggiungimento di un qualche obiettivo e dare invece ascolto alla nostra voce interiore che ci suggerisce ciò che è buono e giusto per noi.

Accettarsi.Dobbiamo accettare la nostra meravigliosa multiformità e contraddittorietà, imparare a guardare con coraggio ai nostri limiti e alle nostre debolezze e riconoscere le nostre risorse. Dobbiamo accettarci e guardarci con lo sguardo curioso e benevolo di chi vuole esplorare un territorio sconosciuto per coglierne i frutti. Nel saper apprezzare ciò che si ha, indipendentemente dalle proprie mancanze, c’è l’umiltà dei forti, quell’energia che ci motiva ad andare oltre ogni recriminazione e a regalare al mondo i nostri talenti.

Prendersi le proprie responsabilità. La via dell’autenticità comporta il rifuggire da ogni forma di deresponsabilizzazione, dagli alibi del “sono fatto così” e del “cosa posso farci se…”, rifuggire dalle facili giustificazioni dei presunti condizionamenti sociali ed educativi e dunque, in ultima analisi, dalla rinuncia al proprio libero arbitrio.

Creare rapporti più autentici. Creare un sé reale non significa vivere in solitudine. Più il nostro pensiero è chiaro, più genuini possono essere i nostri rapporti. E meno ci succederà di allontanarci con ansia dalle persone che hanno idee diverse dalle nostre. È davvero gratificante vivere una vita in cui gli altri sanno come la pensiamo. Inoltre, la consapevolezza della nostra multiformità ci rende consapevoli della multiformità altrui e ci apre a relazioni più benevole e accoglienti.

Benefici dell’autenticità

Vivere una vita più autentica porta con sé molti benefici:

  • Benessere:essere autentici, non dover cercare di essere chi non si è, genera meno stress e favorisce il benessere.
  • Autostima: rendersi responsabili e avere fiducia nelle proprie idee e decisioni aumenta il grado di fiducia in sé.
  • Connessione: una persona meno ansiosa di compiacere gli altri è in una posizione migliore per essere più empatica e ascoltare con maggiore attenzione.

Conclusioni

Gettare la maschera e abbracciare l’autenticità è un processo che richiede tempo, pazienza e coraggio, ma è un cammino indispensabile per ritrovare il proprio benessere. Solo riconoscendo e accettando chi siamo veramente possiamo vivere una vita più soddisfacente. Non si tratta di una scelta facile: andare oltre i ruoli significa mettersi in gioco come persone. Ma solo ponendoci come persone “a tutto tondo”, con tutta la nostra complessità e contraddittorietà, possiamo esprimere davvero ciò che siamo, costruire relazioni più genuine e appaganti e vivere una vita più consapevole e significativa.

 

 

Bibliografia

Smith K. (2024); Il coraggio di essere se stessi. Smettere di piacere per imparare a piacersi; Ed. Giunti

Chelo A. (2013); Il coraggio di essere te stesso. La ricerca dell’autenticità come strada per il successo; Ed. Feltrinelli