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La buona solitudine

La solitudine, quando non è un’alleata naturale, fa paura: è vissuta come una condizione inaccettabile, una penosa attesa associata al terrore e al dolore dell’abbandono, al vuoto, alla noia. Per evitarla si rischia di scendere a compromessi con se stessi e di fare cose o intraprendere relazioni con persone incompatibili.

Marina riflette sulle sue relazioni sentimentali  e riconosce:  “nella mia vita, sono sempre passata da una storia a un’altra: se non mi trovavo bene con un compagno trovavo il coraggio di chiudere il rapporto solo se c’era un’altra persona con cui iniziare una nuova relazione”.

Carlo analizza il suo modo di vivere i rapporti di amicizia: “fino a pochi mesi fa vivevo il week end come il momento peggiore della settimana: in mancanza di un’uscita organizzata, se nessun amico era disponibile, mi sentivo profondamente ansioso e depresso e mi abbandonavo alla noia. Per sentirmi bene dovevo sempre trascorrere il tempo con qualcuno”.

Ma è possibile cambiare prospettiva e punto di vita. Questa stessa solitudine evitata e temuta può essere percepita e gestita diversamente, in primo luogo accettando che a piccole dosi possa far bene. I momenti di solitudine possono essere convertiti in qualcosa di positivo, considerati come un’occasione per ritrovare la propria indipendenza e recuperare il rapporto con se stessi: dedicarsi del tempo, riscoprire le proprie passioni. Si può imparare a prenderci gusto e a vivere la solitudine come una “buona” solitudine che si desidera ritrovare di tanto in tanto.

 

Come accostarsi alla “buona” solitudine

Prima di tutto dobbiamo amarci a sufficienza per riuscire non soltanto a sopportare di essere soli con noi stessi, ma anche ad apprezzare questa condizione. Per questo è opportuno fare i conti con la nostra storia.

La buona solitudine può essere conosciuta poco a poco. Possiamo imparare a controllare l’impulso che ci porta verso gli altri in maniera meccanica, ansiosa. Possiamo concederci progressivamente occasioni di solitudine facendo ciò che ci eravamo ripromessi da tempo. A volte capita di rinunciare a qualcosa che si desidera solo perché interessa solo a noi: una gita a cui nessuno vuole accompagnarci, una mostra e così via. Se ci lanciamo, proveremo la soddisfazione di non esserci lasciati condizionare dagli altri. A volte viviamo il quotidiano sentendoci vincolati e costretti dagli altri in ogni azione. Ma non è necessario. Affrancandoci dalla presenza obbligatoria degli altri, scopriremo che siamo capaci di apprezzare ancora di più la loro presenza: ci renderemo conto che la buona solitudine non impedisce affatto la relazione, ma al contrario la favorisce.

 

I benefici della “buona” solitudine

  • è indispensabile per mantenere un sentimento di libertà. Chi sa stare da solo si libera dal bisogno di piacere, non cerca né la riconoscenza né il conforto presso gli altri, è autonomo rispetto al giudizio esterno.
  • Ci restituisce la nostra unicità.
  • Rende tutto più prezioso. Quando siamo da soli abbiamo il tempo e lo spazio per apprezzare ogni dettaglio dell’ambiente: osserviamo più facilmente il fiore che è sbocciato, il cielo, ci accorgiamo del vento che ci accarezza il viso.
  • Dà spazio alla creatività. L’agitazione del mondo, le sollecitazioni, lasciano spazio a una voce interiore che finalmente può esprimersi.

 

Ciò che non è

La buona solitudine non equivale a una “emarginazione”, né a un senso di superiorità. Non si realizza nel rifiuto degli altri. Non implica una virata verso l’egocentrismo o l’egoismo, perché questi momenti di tranquillità e di ritrovo pacifico tra sé e sé permettono di essere più disponibili verso gli altri in seguito. Non si tratta di ritirarsi in una torre d’avorio ma di prendersi cura di sé.

 

 

Come conciliare il piacere di stare da soli e la relazione con gli altri

  • ponete limiti chiari alle esigenze degli altri. Si può vivere una relazione, si possono condividere attività, serate, vacanze sentendosi liberi di esprimere chiaramente le proprie esigenze e il proprio bisogno di restare da soli in alcuni momenti.
  • trovate una modalità di solitudine “socialmente accettabile”. Il proprio bisogno di solitudine verrà accettato dal proprio entourage se integrato in modo naturale nella propria vita relazionale e non proposto come una cesura dal mondo.
  • Mostrate agli altri che i vostri momenti di solitudine sono positivi: non minacciano le vostre relazioni interpersonali ma le arricchiscono.

 

La buona solitudine procura piacere e non tristezza, si assapora e non si teme, è quello stato che cerchiamo in alcuni momenti e che, paradossalmente, ci permette di sentirci ancora meglio nella società, nelle relazioni. Non è una forma di isolamento, ma una vera e propria risorsa. Essa porta benessere, ci allieta. Non viene subita, ma scelta. La si accetta, anzi, meglio, è la benvenuta. La “buona” solitudine consiste nello stare con se stessi e nel trarne profitto per poter vivere con maggiore pienezza e libertà la relazione con gli altri.